Smaniava, sudato in un letto, non aveva forze, era talmente spossato che anche i dolori che da giorni lo accompagnavano incessanti erano attutiti. Capì che era sul punto di morire.
Poi si svegliò di colpo.
Si rese conto di essere una blatta su un pavimento sporco, stretta in un angolo dei muri, senza possibilità di scampo, con un piede che si era levato per schiacciarlo.
Era un incubo e si ridestò.
Stava sul sedile di comando della sua astronave, si era appisolato, stelle e costellazioni mai viste si offrivano alla vista attraverso la vetrata della plancia. Aveva quattro braccia, la pelle verde e squamosa. All’improvviso davanti all’astronave si presentò un immondo mostro spaziale che spalancò le fauci e inghiottì l’astronave.
Si risvegliò d’improvviso.
Si era addormentato su una poltrona al sole, in un pomeriggio di un tiepido autunno, in un giardino dove le foglie stavano ingiallendo ed alcune erano già cadute sul prato mosse da una leggera brezza. Si sentiva bene.
Eppure non capì se era realtà o l’incubo di un altro sé dormiente.